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La crema solare serve davvero? L’esperto fa chiarezza

Scaffali pieni di flaconi colorati che offrono protezione dai danni del sole, abbronzatura rapida, pelle elastica; crema solare per pelli scure, chiare, irritabili; spray, gel, lozioni. Giovanni Leone, direttore del servizio di Fotodermatologia presso l’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma, spiega per Fondazione Veronesi come districarsi nella giungla estiva dei filtri solari.

La prima regola è che da un prodotto solare, anche il migliore, non ci si può aspettare l’impossibile, ricorda Leone: «Nessuna crema può proteggerci al 100 per 100 dalle radiazioni ultraviolette e dai danni che possono arrecare a chi esagera. Restano fondamentali le vecchie regole: stare all’ombra nelle ore più calde, usare anche cappelloocchiali e altri capi d’abbigliamento».

Da alcuni anni in Europa la normativa è estremamente rigorosa. Sono sparite le diciture fuorvianti, come il vecchio «schermo totale», così come waterproof (al massimo può essere water resistant). Sono state introdotte scale standard per indicare i filtri solari, in modo che il consumatore possa finalmente confrontare prodotti diversi senza perdersi in numeri e sigle sconosciute. Ecco i principali elementi da tenere d’occhio.

SPF è l’indicatore più conosciuto dell’efficacia di uno schermo solare. «Esprime il livello di protezione dai raggi UVB (sempre radiazioni ultraviolette, come gli UVA, ma a diverse lunghezze d’onda) – spiega Leone -. Gli UVB sono i responsabili di eritemi, ustioni, scottature. La scala è una sola a livello internazionale, il che semplifica la vita ai consumatori».

Per evitare numeroni che avevano un significato commerciale più che sanitario, è stato posto un limite massimo di protezione a 50. Le categorie standardizzate sono quattro: protezione bassa (da 6 a 10), media (15-25), alta (30-50), molto alta (50+). «In realtà al di sotto dell’8, neanche si dovrebbe parlare di protezione – tiene a precisare Leone -. In questo gli Stati Uniti di recente sono stati più chiari col consumatore, poiché le creme con SPF inferiore a 15 non possono avere la dicitura “protegge dai raggi UV”».

Sono le radiazioni UVA che penetrano più in profondità nella pelle e che a lungo sono state sottovalutate. «Da 10-15 anni le aziende serie hanno dato spazio alla protezione anti-UVA, raggi che non danno sensazione di scottatura, permettono di stare molte ore al sole senza percepire il danno.

I patiti della tintarella artificiale le conoscono bene, poiché sono le radiazioni delle lampade solari (che emettono dosi di UVA fino a 12 volte quelle del sole, ndr). Provocano invecchiamento cutaneo, rughe, macchie e si studiano ipotesi di un legame con il melanoma». Ecco perché per gli esperti è oggi imperativo proteggersi anche dagli UVA. «I prodotti solari devono avere una protezione ad ampio spettro, contro UVA e UVB – prosegue Leone -. In Europa la normativa prevede che un buon filtro solare debba offrire una protezione anti UVA pari a 1/3 di quella UVB. Quindi se una crema ha un SPF uguale a 30, deve avere una protezione anti UVA almeno pari a 10».Ogni tipologia di pelle richiede un fattore protettivo adeguato. Occhi, incarnato e capelli (che costituiscono il cosidetto fototipo) possono dirci molto su quanto siamo fragili o resistenti di fronte all’esposizione solare. «Mentre i tipi chiarirossi o biondi, che si scottano facilmente devono sempre applicare una crema a protezione alta o estrema, e magari parlare al dermatologo prima di partire per il mare o la montagna, un fototipo 4, un tipo mediterraneo, può scendere a un fattore 15 dopo una settimana. La protezione contro gli UVA, in vece, deve sempre restare alta», consiglia Leone.

«Per i più piccoli va evitata l’esposizione solare diretta, fino a 3 anni è consigliabile evitare le ore più calde, dalle 11 alle 16, e usare sempre maglietta, occhiali e cappellino, specie per i fototipi più chiari. In ogni caso è imperativo evitare le scottature, che possono dare seri danni sul lungo periodo», spiega Leone. «Per i prodotti solari, è importante che siano resistenti all’acqua (dopo il bagno vanno riapplicati), a protezione molto alta, con SPF oltre 40, emollienti e con un’ottima tollerabilità. Alcuni dermatologi consigliano i filtri fisici, a base di particelle minerali, perché a minor rischio di intolleranze, altri, me compreso, ritengono che oggi i filtri chimici abbiano raggiunto una buona tollerabilità e siano meglio i prodotti che contengono entrambi».

Guardare la data di scadenza non basta. «Le creme solari non vanno mai usate dopo più di un anno dall’apertura. E’ importante considerare anche la fotostabilità del prodotto, ovvero la capacità della crema di rimanere attiva sulla pelle anche sotto l’azione della luce solare». Come rilevarla? «Non è obbligatorio, ma alcune aziende indicano questo fattore sull’etichetta». La crema va riapplicata ogni 2 o 3 ore e ogni volta che ci si bagna, senza dimenticare che gli UV non si lasciano fermare del tutto dall’ombrellone né dal cielo nuvoloso.

Fra i danni arrecati dai raggi UV si contano: l’invecchiamento cutaneo, eritemi, scottature, danni oculari, alcune forme di tumore, come il carcinoma basocellulare e quello spinocellulare.

Per quanto riguarda il più temuto fra i tumori alla pelle, il melanoma, ci sono poche certezze, e molti esperti ricordano che il melanoma non è più diffuso presso le popolazioni più esposte al sole (mediterranee, tropicali, africane ad esempio) rispetto a in Paesi meno soleggiati.

Inoltre, la malattia colpisce spesso aree del corpo normalmente non esposte alla luce solare, come il tronco, i piedi, il cuoio capelluto. I principali fattori di rischio, infatti, sono la predisposizione genetica e fototipo (occhi chiari, capelli rossi o biondi, pelle che si scotta facilmente).

Vanno evitate le ustioni solari, specie sulla pelle dei bambini, che «memorizza» il danno. Si sospetta che i raggi UVA giochino un ruolo nella sua insorgenza e gli esperti insistono sulla prevenzione dal momento che l’esposizione al sole o la tintarella artificiale sono l’unico fattore modificabile fra i fattori di rischio citati.

Un recente studio americano comparso sulla rivista Jama ha documentato una riduzione del 27% dei casi di melanoma nelle persone a rischio che usavano regolarmente le creme solari.

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