web analytics

Sempre in guerra con se stesso il borderline, la persona con alla base una tipologia accentuata di instabilità e ipersensibilità nei rapporti interpersonali, annovera un attaccamento “affettivo” di tipo traumatico. Colui o lei che soffre di questo disturbo, sempre dietro ad uno sfondo di incertezza, è assalito/a dalle amletiche domande “amo o odio”? Questo modo di sentire, chiamiamolo così, è la risultante spesso di una relazione pregressa di abuso vissuto nell’età infantile. Il trauma a cui ciò è collegato orienterà poi ogni rapporto che la “vittima” intraprende nella realtà futura. Generalmente chi ricerca una relazione “normale” con l’altro si attende calore, sicurezza, affetto e questo non avviene per chi ha sperimentato l’abuso che invece è spaventato dal “ritorno” relazionale, in termini di emozione. Il borderline si vive dissociato o in preda ad angoscianti misure con se stesso, con l’altro e con il suo terapeuta, il quale utilizza metodiche che sono basate sul senso di consapevolezza.

Il legame di attaccamento, secondo lo psicoanalista britannico John Bowlby è importante se di tipo sicuro per costruire una personalità che abbia i presupposti della sicurezza interiore e poi dell’autonomia nei rapporti con le figure significative. Nel caso della personalità borderline l’attaccamento, essendo legato al trauma è disorganizzato e irrisolto. Le persone in tale condizione sono costrette a “resistere” alla psicoterapia per giovarsi di essa. Così soltanto si può “aprire” alla capacità di ricevere e dare affetto ed educare la tendenza all’impulsività. In sostanza occorre abituarsi alla psicoeducazione e  poi dis-identificarsi da convinzioni “intrusive” che non rispondono alla base della “verità vera”. Tutto questo si realizza ri-creando una nuova relazione di attaccamento interno.