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Identificata variante strutturale che contribuisce al rischio di demenza

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I ricercatori del National Institutes of Health (USA) hanno identificato nuovi fattori di rischio genetici per due tipi di demenza diverse da quella di Alzheimer. I risultati dello studio sono stati pubblicati da Cell Genomics e descrivono in dettaglio come i ricercatori hanno identificato cambiamenti del DNA su larga scala, noti come varianti strutturali.

A differenza delle mutazioni più comunemente studiate, che spesso colpiscono uno o pochi nucleotidi del DNA, le varianti strutturali comprendono alterazioni a livello anche di migliaia di basi del materiale genetico, contemporaneamente, rendendole così più difficili da studiare.

“Immaginando che il nostro codice genetico sia un libro, la variante strutturale corrisponderebbe a una pagina”. Ha spiegato Sonja Scholz, del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) e autore senior della ricerca.

Lo studio

Il team ha combinato algoritmi in grado di mappare le variazioni strutturali dell’intero genoma usando l’apprendimento automatico. In questo modo i ricercatori hanno osservato una variante precedentemente sconosciuta nel gene TCPN1, trovata nei pazienti con demenza da corpi di Lewy, una malattia che, come la malattia di Parkinson, è associata a depositi di proteina alfa-sinucleina nel cervello. Il TCPN1, però, è un noto fattore di rischio per la malattia di Alzheimer, per cui questa variante potrebbe avere un ruolo più ampio nelle demenze in generale.

Oltre a TCPN1 , il team ha evidenziato un’altra variante, a livello dei geni C9orf72 e MAPT, che è, invece, un ben noto fattore di rischio per le demenze.

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