Diabete, al Perrino di Brindisi il primo impianto per curare il dolore neuropatico cronico
La polineuropatia diabetica dolorosa (PDN) rappresenta una delle complicanze più gravi ed invalidanti del diabete: colpisce fino ad un quarto dei pazienti e si manifesta con dolore cronico capace di compromettere sonno, autonomia quotidiana e benessere psicologico. Nei giorni scorsi, presso l’Ospedale “A. Perrino” di Brindisi, l’équipe neurochirurgica guidata dal dott. Romeo ha eseguito il primo impianto con un sistema SCS ad alta frequenza certificato per PDN, un risultato che segna un passaggio significativo nella gestione clinica di questa patologia ed apre nuove prospettive terapeutiche per i pazienti. Per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto alla dr.ssa Valentina Todisco, Responsabile della UOSD di Endocrinologia, Mal. Metaboliche, Dietetica e Nutrizione Clinica del Perrino, di guidarci attraverso le tappe fondamentali del percorso clinico: dalla diagnosi della PDN alle strategie terapeutiche disponibili, fino al ruolo della stimolazione midollare nei casi più complessi.
Dr.ssa Todisco, l’intervento eseguito al Perrino è stato il frutto di una stretta collaborazione multidisciplinare. Ci può raccontare come è stato organizzato questo percorso e quale ruolo hanno avuto le diverse unità coinvolte?
«La gestione della polineuropatia diabetica dolorosa richiede competenze integrate. L’Unità di Endocrinologia lavora in rete con il Centro di Terapia del Dolore, la Neurochirurgia, l’Anestesia e la Direzione Sanitaria, in un modello che consente non solo la corretta selezione dei pazienti ma anche la gestione completa del percorso, dall’inquadramento diagnostico fino all’intervento. Questo approccio è stato determinante per il successo del primo impianto di stimolazione midollare ad alta frequenza certificata per PDN».
Entrando nello specifico, che cos’è la polineuropatia diabetica dolorosa e quanto è diffusa tra i pazienti diabetici?
«La polineuropatia diabetica dolorosa è una delle complicanze più frequenti e invalidanti del diabete. Colpisce fino a un quarto dei pazienti e si manifesta con dolore cronico agli arti inferiori, spesso descritto come bruciore, formicolio o scosse elettriche, ipoestesia, allodinia. Non si tratta solo di un sintomo fastidioso: questo dolore può compromettere il sonno, limitare le attività quotidiane ed incidere pesantemente sulla qualità di vita, fino a favorire la comparsa di ansia e depressione. È quindi fondamentale riconoscerla e trattarla tempestivamente».
Quali sono i criteri e gli strumenti più utilizzati oggi per la diagnosi di PDN?
«Il sospetto nasce dai sintomi riferiti dal paziente (dolore urente, parestesie, allodinia, ipoestesia), tipicamente con distribuzione “a calza”. La valutazione clinica si avvale di test semplici come la biotesiometria, associata a scale di screening (DN4, PainDetect). Nei casi atipici, l’elettromiografia e gli studi di conduzione nervosa aiutano a confermare il danno neuropatico ed escludere altre eziologie. Questo approccio combinato è fondamentale per una diagnosi precoce e corretta».

Quali sono le principali opzioni terapeutiche oggi disponibili per il trattamento del dolore neuropatico diabetico?
«Il trattamento parte dall’ottimizzazione del controllo glicemico ma la gestione del dolore richiede farmaci specifici per il dolore neuropatico. Le linee guida internazionali indicano come prima scelta antidepressivi triciclici, SNRI e gabapentinoidi. Nei casi resistenti, si può valutare l’associazione farmacologica o, con cautela, analgesici oppioidi atipici come tramadolo o tapentadolo. Esistono anche opzioni topiche e approcci fisici complementari. Tuttavia, una quota significativa di pazienti resta refrattaria alle terapie convenzionali ed è proprio in questo scenario che entrano in gioco le tecniche di neuromodulazione».
Quando e come valutate la stimolazione midollare in un paziente con PDN?
«La SCS è una procedura di neuromodulazione che trova indicazione nei pazienti con PDN refrattaria alle terapie convenzionali. I candidati sono selezionati con criteri rigorosi: diagnosi confermata di PDN, dolore persistente e invalidante, fallimento delle opzioni farmacologiche e assenza di controindicazioni chirurgiche. Prima dell’impianto definitivo si esegue un trial di stimolazione per verificare l’efficacia clinica. Le evidenze scientifiche degli ultimi anni dimostrano che la SCS, in particolare ad alta frequenza, offre una riduzione significativa del dolore ed un miglioramento della qualità di vita, aprendo una nuova prospettiva terapeutica per una complicanza finora di difficile gestione».
L’esperienza del Perrino dimostra che, grazie alla collaborazione multidisciplinare e all’adozione di tecnologie innovative, anche nei nostri centri è possibile offrire ai pazienti con PDN refrattaria un percorso di cura avanzato e validato. Si tratta di un traguardo importante ma soprattutto di un punto di partenza per migliorare l’accesso a queste terapie e costruire una rete sempre più efficace a beneficio dei pazienti.
