Il processo di sviluppo e progettazione di un farmaco potrebbe essere descritto da una serie infinita di aggettivi, ne scegliamo tre: lungo, complesso e costoso. Per portare un medicinale sugli scaffali, ci vuole un periodo di tempo che va dai 10 ai 15 anni ed è necessario impiegare una quantità ingente di risorse; risorse umane, perché dietro a questi progetti ci lavorano tantissimi esperti del settore e risorse economiche, indubbiamente necessarie per portare avanti qualsiasi attività.
Prima di immettere un farmaco sul mercato, atto che richiede tutte le autorizzazioni del caso da parte dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), le molecole che noi chiamiamo principi attivi e che compongono il medicinale assieme ai vari eccipienti, vengono profondamente studiate perché bisogna garantirne l’efficacia e la sicurezza.
Le molecole d’interesse entrano in varie fasi di sperimentazione: i test pre-clinici e i test clinici; ovviamente, il “salto” da una fase all’altra avviene solo se i risultati dei test pre-clinici sono stati soddisfacenti in termini di tutti quei parametri che definiscono l’attività e l’efficacia della molecola e la tossicità.
Sul fronte degli studi preclinici troviamo la sperimentazione in vitro; i test vengono condotti su campioni chiusi in provetta in modo da concentrare lo studio su un fenomeno biologico isolato, spogliato da tutte le interazioni che caratterizzano invece il sistema corpo umano. Se i dati ottenuti da questi studi sono positivi, si passa alla sperimentazione in vivo e quindi, alla tanto discussa sperimentazione sugli animali: si prende in considerazione un modello simile a quello umano perché è necessario tenere conto della fisiologia di un essere complesso, quella che viene esclusa nei test in vitro; tutto ciò porta a tracciare un profilo delle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco.
E’ importante tenere conto della biologia del modello utilizzato, perché il comportamento di un farmaco cambia in base all’ambiente in cui esso si trova ad esercitare la sua azione. Proprio per questo motivo, stanno assumendo sempre più importanza i cosiddetti studi in silico cioè tutti quegli studi che si avvalgono di strumenti informatici, dunque matematici, per svolgere un’analisi di dati e relazioni.
Se i test pre-clinici rilevano e rivelano un profilo favorevole, si passa alla fase di sperimentazione clinica, gli studi sull’uomo. A questo punto, avvengono diverse valutazioni: il farmaco viene prima somministrato ad un gruppo ristretto di volontari sani (fase 1), poi ad un gruppo più esteso di individui affetti dalla patologia per cui esso è stato formulato (fase 2), gruppo che si allarga nella fase successiva (fase 3).
Con questi studi, anche grazie al confronto con placebo e/o altri farmaci, vengono messe in evidenza l’efficacia del farmaco e le modalità con cui esso agisce, si definisce un rapporto rischio-benefici in base alle dosi utilizzate e si ha l’opportunità di osservare i primi effetti collaterali, esercizio di osservazione che sarà svolto per tutta la vita del farmaco, attraverso la farmacovigilanza (fase 4).